ebook di Fulvio Romano

venerdì 29 agosto 2014

L'Isis progetterebbe una bomba alla peste bubbonica (Foreign Policy)

I progetti dell'Isis per una bomba alla peste bubbonica. Esclusiva di Foreign Policy

Gli uomini dell'Isis stanno lavorando alla creazione di un'arma batteriologica. Un ceppo di peste bubbonica da sviluppare e poi stoccare in vista di un attacco che sarebbe molto più facile da realizzare e procurerebbe danni devastanti sulle persone, ben più ampi di un attentato suicida. Lo svela l'ultimo numero di Foreign policy, la rivista di Politica internazionale statunitense di proprietà del Washington post.

Due redattori del bimestrale hanno incontrato il comandante di un gruppo ribelle siriano moderato nel nord del paese. Si chiama Abu Ali e nel febbraio scorso guidava un battaglione che si è scontrato per giorni con una formazione degli jihadisti, adesso alla guida del nuovo Stato islamico (Is), il Califfato fondato da Abu Bakr al-Bagdadi tra Aleppo e Ramadi in Iraq. I miliziani dell'Isis, racconta il comandante, erano rintanati in un edificio. Per una settimana hanno resistito. Poi sono stati costretti a fuggire lasciandosi dietro armi e munizioni. In una delle stanze, su un tavolo, c'era anche un lap top Dell e un cavo di alimentazione.

"L'ho subito preso e l'ho aperto", racconta Abu Ali. "Pensavo che fosse rotto o guasto. In realtà era perfettamente funzionante. Ho cercato tra le risorse ma erano vuote. L'ho comunque conservato e portato via. Con alcuni compagni più esperti di informatica abbiamo iniziato a navigare sull'hard disk e senza neanche ricorrere ad una password siamo riusciti ad entrare e scovare una montagna di file: ce n'erano 35.347 suddivisi in 2.367 cartelle".

I due giornalisti li hanno copiati su un disco rigido e li hanno portati fuori dal paese. I file racchiudevano documenti in francese, inglese e arabo. La maggioranza raccoglieva materiale ideologico, discorsi religiosi, sermoni di imam ma anche manuali su come costruire bombe, rubare automobili, lezioni su come travestirsi per evitare di essere arrestati durante gli spostamenti da una città all'altra e viaggi all'estero.

Per decine di ore i due giornalisti hanno scavato nella memoria del pc e alla fine si sono resi conto che tra quel materiale c'erano indicazioni molti più importanti e inquietanti. Molti file contenevano lezioni pratiche per la costruzione di ordigni batteriologici in vista di un potenziale attacco che, se portato a termine, potrebbe avere effetti sconvolgenti in tutto il mondo.

Dagli stessi file, i due colleghi sono riusciti a risalire anche al nome del proprietario del lap top: è un cittadino tunisino, Muhammed S. Una serie di telefonate e di visite in Tunisia hanno consentito di raccogliere altre informazioni sull'identità dello jihadista. Si sa che Muhamed ha studiato chimica e fisica in due università a nord est del paese nordafricano. La circostanza è stata confermata dalla segreteria dei due atenei che non avevano più notizie sull'uomo dalla fine del 2011.

Ma la conferma più allarmante è venuta da 19 pagine scritte in arabo e conservate tra i file decifrati: ci sono informazioni su come sviluppare armi biologiche e su come armare la peste bubbonica ricavata da animali infetti. "Il vantaggio delle armi biologiche", si legge in quelle pagine, "è che non richiedono grossi investimenti, mentre le perdite umane possono essere enormi".

Negli stesi fogli si spiega anche come testare il virus in sicurezza prima di essere usata in un attacco. "Quando il microbo viene iniettato nei topi, i sintomi dovrebbero iniziare a comparire nel giro di 24 ore". A garanzia dell'uso corretto di un ordigno così letale, lo stesso file racchiude una fatwa in 26 pagine sull'uso delle armi di distruzione di massa. "Se i musulmani non possono sconfiggere i takfir (infedeli) in modo diverso, è consentito di usare armi di distruzione di massa", recita la sentenza religiosa dell'imam saudita jihadista Nasir al-Fahd, attualmente detenuto in Arabia Saudita. "È consentito anche se vengono tutti uccisi e i loro discendenti sono cancellati dalla faccia della terra".

I file scoperti nel pc non dimostrano certo che gli uomini vestiti di nero del Califfato siano in possesso di armi batteriologiche. Anche perché non sarebbe la prima volta che ci provano i combattenti della galassia jiahadista. Ma è una ulteriore prova di un progetto mai tramontato e forse ora, con i mezzi, la forza e i fondi a disposizione, rilanciato grazie al contributo di chimici e fisici accorsi per sostenere il Califfato. A Mosul in Iraq e a Raqqa in Siria, saldamente nella mani dell'Isis, esistono università e laboratori dove si può studiare e lavorare. Assieme ai quadri dell'ex esercito di Saddam che, secondo molte testimonianze, contribuiscono al successo militare dei 30 mila combattenti. Nelle 19 pagine si consiglia anche come agire: "Riempire piccole granate con il virus e poi gettarle in ambienti chiusi. Come metropolitane, stadi, discoteche. Meglio usarle accanto alle prese dell'aria condizionata. Il batterio di espande in pochi minuti e colpisce migliaia di persone".