ebook di Fulvio Romano

sabato 8 agosto 2015

Ma il premier pensa al voto

LA STAMPA

Prima Pagina


C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nell’andatura di Matteo Renzi. Da quando gli elettori si sono raffreddati con lui, il presidente del Consiglio si è rimesso a correre. Ha inserito in corsia di sorpasso due dossier (Rai e riforma istituzionale) che pur procedevano spediti e, al tempo stesso ha annunciato mega-progetti, a futura memoria ma su questioni sensibili per l’opinione pubblica. Azzeramento delle tasse sulla prima casa, rilancio del Sud.

La premura di Renzi è quella di sempre, ma con una novità. Per la prima volta da quando è Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio sta accarezzando una suggestione: giocarsi la partita elettorale prima della scadenza naturale. In quella finestra, destinata ad aprirsi tra l’estate del 2016 e la primavera del 2017. Certo, una suggestione che soltanto i premier inglesi e spagnoli hanno la certezza di vedersi riconosciuta dai loro monarchi e che lo stesso Renzi coltiva come una delle possibilità in campo, non certo come una mission da raggiungere a tutti i costi. Ma intanto - ecco la novità - il presidente del Consiglio ha iniziato a preparar il terreno, a predisporre le armi, normative e propagandistiche, per la prima battaglia nazionale della sua vita politica.

Per molti mesi, quando il consenso era alto, Renzi ha pensato che il tempo giusto per giocarsi la partita elettorale corrispondesse a quello fisiologico del fine-legislatura. Lui lo ha ripetuto più volte ed era sincero. Per l’alta considerazione che ha di sé, Renzi ha pensato, e in parte continua a pensare, che governando bene, alla fine possano crescere i consensi. Per molti mesi, Renzi di fatto ha condiviso l’antico adagio andreottiano: il potere logora chi non ce l’ha. Filosofia politica tipica della Prima Repubblica, stagione senza ricambi, ma che è stata superata dalla perfetta alternanza, tra destra e sinistra, che sta segnando tutta la Seconda Repubblica e che oramai sembra aver suggerito l’inversione della regola: il potere logora, ma chi ce l’ha. Fatta eccezione per i leader capaci di riconquistare il consenso degli elettori sull’arco di più legislature.

A Palazzo Chigi per ora si ragiona attorno ad alcune certezze: prima si vota e più si riducono le chances per il centro-destra di riorganizzarsi. Prima si vota e meno possibilità ci sono perché il Movimento Cinque Stelle accresca il suo appeal anche nei confronti di un nuovo elettorato, quello deluso ma «ragionevole». Trasformandosi così in un avversario pericolosissimo nel ballottaggio previsto dall’Italicum. Ecco perché il governo sta preparando il terreno per essere pronto ad ogni evenienza. A partire dal luglio 2016. Sulla riforma costituzionale, dopo le abbondanti aperture di Maria Elena Boschi, il governo ha improvvisamente tirato giù le saracinesche. Accettando anche piccole modifiche, sarebbe stata necessaria una nuova ri-lettura da parte di palazzo Madama. Con uno slittamento di almeno due mesi di tutta la riforma. Nei piani di Palazzo Chigi il referendum che dovrebbe validare la legge potrebbe tenersi tra inizio estate e l’autunno del 2016. Quando sarà utilizzabile anche l’Italicum, che entra in vigore a giugno.

Altrettanto eloquente il blitz per il rinnovo dei vertici Rai: nessun ostruzionismo bloccava la riforma voluta dal governo, che infatti è stata approvata dal Senato, eppure Renzi ha voluto accelerare a tutti i costi. Varando un Cda nel quale (con le eccezioni della presidente e di Freccero), l’incompetenza prevale sull’indipendenza. Un prezzo da pagare pur di avvicinare l’obiettivo strategico: Renzi detesta i talk-show e complessivamente auspica un approccio meno antagonistico e ansiogeno dell’informazione Rai. Presto per capire se l’obiettivo sia quello di una informazione edificante o soltanto un approccio più equilibrato. La scommessa però è chiara: provare a cambiare prima delle elezioni il mood complessivo della Rai, la più grande emittente di emozioni nazional-popolari del dopoguerra italiano.

Fabio Martini


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