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venerdì 30 giugno 2017

Giornalisti, manager e imprenditori così Casaleggio tesse la sua tela a Nord

LA STAMPA

Italia

Giornalisti, manager e imprenditori

così Casaleggio tesse la sua tela a Nord

L’obiettivo è di spingere sull’autonomia fiscale per garantirsi il consenso 

Lega e M5S: forza popolare o deriva populista». Nel titolo dell’incontro di Garda la parola «forza» declinata al singolare evoca subito convergenze e (forse) future alleanze. 

È vero che i panel erano separati, come si sono affrettati a precisare molti nel Movimento 5 Stelle anche per zittire le voci critiche di chi nel gruppo parlamentare già lamenta un eccessivo dialogo con la Lega Nord. Ma sta di fatto che la serata con il grillino Luigi Di Maio e il leghista Giancarlo Giorgetti segna un’ulteriore tappa nell’avvicinamento tra i due partiti classificati sotto l’etichetta «populisti», che da mesi si strizzano l’occhio a distanza. In ordine: euro, migranti, ius soli, referendum sull’autonomia fiscale in Lombardia e Veneto. Questi sono i temi che li avvicinano. Se è solo scena, convenienza o tattica, dietro la quale non c’è alcuna speranza concreta di vedere seduti allo stesso tavolo Di Maio e Salvini, lo diranno i prossimi mesi, anche a seconda di quale legge elettorale ci sarà. Per adesso, però, è certo che la strategia di Davide Casaleggio guarda a Nord. Come la rete di relazioni che, convegno dopo convegno, il rampollo del fondatore del M5S sta costruendo per provare a pescare voti in quelle aree produttive delle regioni settentrionali dove i 5 Stelle risultano più deboli. Relazioni che arrivano a sfiorare mondi e conoscenze in comune con il Carroccio. Come Arturo Artom, imprenditore che ha portato nello stesso salotto Casaleggio e il governatore lombardo Roberto Maroni, e volto in quota M5S di una categoria che spera nell’autonomia fiscale sponsorizzata dall’asse grillo-leghista. 

In politica non esistono le coincidenze e non è un caso che a Garda ci sia stata una riproposizione in piccolo della convention «Sum01 - Capire il Futuro» organizzata a Ivrea da Casaleggio in ricordo del padre. A dialogare con Di Maio è stato Gianluigi Nuzzi, giornalista Mediaset e marito di Valentina Fontana, amministratrice della Visverbi srl, l’agenzia di comunicazione che ha organizzato la serata di ieri e la giornata di metà aprile a Ivrea di cui proprio Nuzzi è stato il presentatore. Altri nomi in comune tra i due eventi sono: Gianpiero Lotito, fondatore di Facility Live, la start-up anti Google, uno che ad ascoltarlo fa impazzire di gioia Casaleggio jr; la psicologa Maria Rita Parsi e il conduttore Gianluigi Paragone. 

Se c’è una categoria che fa sorgere sentimenti al limite dell’odio antropologico a Casaleggio sono i giornalisti. Con le dovute eccezioni. Paragone è una di queste. Giornalista che fu leghista, dopo essere entrato in quota Carroccio alla Rai ne è uscito per indossare a La Gabbia su La7 i panni più rockettari e antisistema, adatti alla politica al tempo del grillismo. Nella sua trasmissione dove si parla di banche, migranti, lavoro c’è sempre spazio per i 5 Stelle, con somma gioia di Rocco Casalino che smista i parlamentari da un talk show all’altro. Dove c’è Casaleggio poi c’è Nuzzi. «Ma non chiamatemi grillino - dice lui - Io faccio il giornalista, e non devo avere un’identità politica. A Casaleggio padre mi legava un’amicizia nata ai tempi in cui sul blog di Grillo uscirono articoli sul mio libro Vaticano Spa. Ci siamo conosciuti e ci siamo confrontati, in maniera libera». Molti degli invitati, spiega Nuzzi, sono presenti in entrambe le locandine, di Ivrea e di Garda, perché sono «amici» suoi e della moglie. 

Tutta l’attenzione però è stata calamitata da Di Maio e Giorgetti, accomunati da un’insistente campagna sullo stop ai migranti. È di ieri l’ultima sentenza del blog di Grillo «Matteo Renzi è politicamente responsabile del disastro immigrazione. Con il suo governo è entrata in vigore l’operazione Triton che autorizza le navi di 15 Stati europei a portare i migranti solo in Italia». Toni che fino a qualche mese fa avremmo sentito in bocca a un leghista. Ma in attesa delle alleanze (se ci saranno) basterebbero le parole di Alessandro Di Battista a Otto e mezzo a dare l’idea che una certa simpatia, costruita magari sulla base di un nemico comune, c’è: «Noi facciamo vincere la destra? Pur di votare il Pd i cittadini voterebbero qualunque altra cosa». 

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