ebook di Fulvio Romano

venerdì 7 luglio 2017

Si è spento lo streaming (Mattia Feltri)

LA STAMPA

Italia

Si è spento lo streaming

La politica si risveglia

dall’illusione reality show

Dopo la marcia indietro dei Cinque Stelle anche il Pd 

abbandona la trasmissione in diretta della direzione

Lo streaming se n’è andato in una stagione, come «Vamos a la playa» quando eravamo giovani, e come se ne andrà «Despacito» adesso che i giovani sono altri. La casa di vetro non era l’archiettura virtuale della politica post ideologica e pura, era soltanto l’equivalente propagandistico del tormentone estivo: ci si balla sopra qualche sera, e poi evapora senza lasciare che un ricordo. Ieri anche il Partito democratico di Matteo Renzi ha abbandonato la trasmissione in diretta online della direzione. Lo si è deciso così, senza una ragione ufficiale, e per cui appartiene al pettegolezzo l’ipotesi secondo cui si sia pensato di non offrire il millesimo spettacolo pubblico di un partito passato dalla centralità alla rivalità democratica, esercitata secondo le sacre regole della rissa. Un peccato proporre un’immagine del genere, quando negli altri partiti ci si accoltella ugualmente, ma col favore del buio. 

Il Movimento cinque stelle, che su certi temi si muove con la scaltrezza della vecchia volpe, lo streaming lo ha abolito presto e senza nemmeno dare nell’occhio. Lo ha abolito subito, per la verità. Fu una bella festa sadomaso l’incontro dei primi due capigruppo a cinque stelle, Vito Crimi per il Senato e Roberta Lombardi per la Camera, col presidente del consiglio in pectore, Pierluigi Bersani, che davvero credeva di ingolosire gli scardinatori di scatolette di tonno. Ma, nelle riunioni che contavano, quelle fra di loro, per decidere strategie e disposizioni in campo, i grillini tenevano già la porta chiusa. Giustamente. Perché il resto è spettacolo, intrattenimento, lo furono (un po’ meno fruttuosi per il Movimento) i vis-à-vis con Enrico Letta e con Renzi, dove fu subito chiaro che l’esigenza della limpidezza finiva col cedere sotto l’esigenza della recita. Non c’è modo più efficace di rendere un’immagine adulterata di sé che renderla al popolo. Lo sanno bene i cronisti parlamentari: quando la seduta è data in diretta tv, onorevoli solitamente letargici si risvegliano a nuova vita e si innalzano sulle barricate della rettitudine, per gridare al mondo (e agli elettori) la loro indomabile estraneità al sistema.

Ma la politica è altro. E per fortuna è rimasta una promessa buttata lì, al culmine della sbornia, quella di Virginia Raggi, che nel luglio di un anno fa garantì a breve la trasmissione in streaming delle sedute di giunta. Non è mai successo, grazie al cielo. La tecnica del Grande fratello (quello di Endemol, non quello di Orwell) vale per il reality show, non per la trattativa politica. Provate voi a risolvere i problemi con vostra moglie in diretta tv. La politica deve essere margine di manovra, compromesso, cioè compromesso al ribasso ché quello al rialzo non è dato dalle leggi matematiche, deve essere libertà di incursione nella zona grigia, deve essere persino l’indicibile in nome di un vantaggio non evidente o non immediato. Se Abraham Lincoln avesse negoziato l’abolizione della schiavitù in tempo reale sugli schermi di Facebook, nei campi di cotone dell’Alabama ancora schioccherebbe la frusta.

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mattia feltri


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