ebook di Fulvio Romano

giovedì 23 novembre 2017

Dire grazie è una buona medicina

LA STAMPA

Cultura

Dire grazie è una buona medicina

In America c’è un giorno apposta, il Thanks-giving, da noi no. In America c’è una festa che rende sacro il quarto giovedì di novembre, da noi non c’è posto per niente del genere né nel calendario, né nella vita. Ringraziare è fuori moda, manca il tempo e la voglia. E’ un automatismo, un reperto di antichi galatei o un rituale religioso (grazie a Dio). Invece una serie di ricerche (Robert Emmos della California University e Rita Justice, della Texas University) sta dimostrando che la gratitudine non è soltanto questione di buone maniere.

Abbassa il livello di cortisolo, l’ormone dello stress, del 23 per cento, addirittura. Combatte la depressione, migliora la qualità del sonno. La lista di potenziali benefici è infinita: meno errori di giudizio, efficaci strategie di apprendimento, maggiore fiducia in se stessi, migliore approccio al lavoro, influenza positiva su salute e longevità. The Journal of Psychology sostiene che bisognerebbe tenere un «diario della gratitudine» dove scrivere tre-cinque pensieri sulla giornata appena trascorsa (qualcosa di buono sarà pure successo). Oprah Winfrey lo fa, ma anche Arianna Huffington. Monica Bellucci ringrazia spesso «per la carriera, per le mie meravigliose figlie e perché sono qui, sono viva». Il Ceo di LinkedIn Jeff Weiner, durante le riunioni invita ogni dipendente a condividere vittorie personali e professionali per introdurre il tema della gratitudine. Uno studio di Bersin&Associates sostiene che la gratitudine fa la differenza e oltretutto è a costo zero. Le persone non hanno bisogno di grandi azioni ma di gesti autentici come un semplice «grazie». Alcune aziende hanno istituito la «Co-workers Gratitude Week» in cui i dipendenti si scambiano «business-size cards» per dimostrare ai colleghi che hanno apprezzato la loro collaborazione. E pare che funzioni. 

John Kralik, avvocato, rende la sua testimonianza in una curiosa autobiografia. Nel bel mezzo di un periodo critico decide di scrivere ogni sera un biglietto a chi ha avuto un gesto generoso o gentile nei suoi confronti (lo fa per un anno). Dice grazie al figlio per non averlo mandato a quel paese, al collega che gli ha passato una pratica, al cliente che ha pagato puntuale la parcella, a Scott, il barista di Starbucks che lo accoglie con il sorriso. Così migliora la sua vita, le sue relazioni sociali e perfino il business. Adesso è un caso studiato all’Università.

Per Marina Osnaghi, prima master certified coach in Italia, la gratitudine è un potere. Mette in circolo energia positiva, aumenta la forza di pianificare, riduce il senso di solitudine. E’ associata a felicità, soddisfazione, fiducia. Può servire da auto-motivazione. Allora perché ci viene così difficile? Manca l’esercizio (sull’egoismo e sull’ingratitudine ce n’è moltissimo, invece). Assunta Corbo, autrice di «Dire, fare, ringraziare» ha messo online un tutorial con i consigli per tenere un diario. Provate. Forse dopo riuscirete a ringraziare gli altri. E’ un’arte che s’impara. E non pensate di cavarvela con un WhatsApp.

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Roselina Salemi


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