ebook di Fulvio Romano

sabato 11 novembre 2017

Il Cavaliere adesso“tifa” per il mondo radical anti-dem

LA STAMPA

Italia

Con la sinistra divisa Berlusconi

sogna i seggi delle Regioni rosse

Il Cavaliere adesso“tifa” per il mondo radical anti-dem

Mai Piero Grasso si sarebbe aspettato che, ai fan della sua discesa in campo, si aggiungesse il Condannato con la maiuscola, l’uomo politico cui la giustizia italiana ha dato la caccia per un quarto di secolo, insomma Berlusconi. Chiaramente, il Cav “tifa” Grasso non per le sue idee politiche o per la lotta alla mafia. Desidera che il presidente del Senato abbia successo in quanto lo ritiene un grimaldello con cui scassinare il deposito aureo del Pd, le regioni “rosse” della dorsale appenninica. Se il centrodestra facesse bottino perfino là, allora Silvio (con Salvini e la Meloni) avrebbe praticamente l’Italia in pugno. Per riuscirci, i tre devono dividere le forze avversarie, scommettere sulla diaspora alla sinistra del PdR (partito di Renzi) e dunque puntare sulla figura più evocativa di quel mondo, che è senza dubbio Grasso. Se n’è ragionato intorno al desco di Palazzo Grazioli, quando Berlusconi è calato a Roma due sere fa. «Sarebbe fantastico», ha convenuto con i suoi capigruppo, scettico e speranzoso al tempo stesso.

La sbornia del «Rosatello»

Nelle regioni storiche di sinistra, Mdp raggiunge spesso la doppia cifra. Ciò significa che il Pd è destinato a calare di conseguenza. E dove prima i “dem” viaggiavano indisturbati a quota 35-40, adesso devono guardarsi alle spalle. Quasi tutti i collegi maggioritari del Centro Italia diventano virtualmente contendibili dal centrodestra e, in qualche caso, dai Cinquestelle. Già da un mese Renato Brunetta lo andava spiegando a quanti (tanti), nel suo partito manifestavano dubbi sulla convenienza del “Rosatellum”: «Voi non capite», si accalorava, «che questa legge elettorale ci farà vincere perfino dove eravamo sempre andati a sbattere. Perché una sinistra così divisa avrà l’effetto di proiettarci quasi dappertutto al primo posto nei 232 collegi maggioritari». Circolano fior di sondaggi a sostegno della tesi. I primi li aveva tirati fuori Nando Pagnoncelli per Ipsos, lasciando Renzi abbastanza incredulo. Sulla base delle percentuali odierne, che assegnano al centrodestra unito un 34-38 per cento, l’alleanza berlusconiana conquisterebbe alla Camera tra i 240 e i 270 seggi. Questo perlomeno risulta dalle parti di Arcore. Un successo di Grasso aggiungerebbe al centrodestra altri 10-15 seggi. Cosicché per superare la maggioranza assoluta (metà più uno di 630 deputati e 315 senatori) basterebbe davvero poco. Uno scandalo, una gaffe, uno scarto improvviso della pubblica opinione...

Ipotesi «cappotto»

L’ipotesi di “ribaltone” ci sta tutta, specialmente in Liguria. Già oggi il centrodestra amministra l’83 per cento della regione e, secondo il governatore “azzurro” Giovanni Toti, questo antico bastione social-comunista «dimostra che nulla ci è precluso». Genova ponente e La Spezia (ultime sacche di resistenza) potrebbero cadere. A quel punto il centrodestra farebbe “cappotto”: 6 collegi maggioritari a zero. In Toscana resteranno al Pd Firenze e Pisa, ma sarà dura battaglia a Lucca e in Versilia, a Grosseto, Arezzo e Pistoia. Neppure l’Emilia Romagna potrà considerarsi al sicuro dalle forze oscure della reazione in agguato (le destre, come venivano bollate una volta). Si difendono Modena, Reggio, Ravenna e Bologna, ma nessuno metterebbe la mano sul fuoco per Piacenza, Rimini e Ferrara. «La buona amministrazione Pd è un mito crollato, quello dei Cinquestelle non è mai nato», sostiene da destra Annamaria Bernini, «e le divisioni a sinistra faranno il resto».

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