ebook di Fulvio Romano

giovedì 16 novembre 2017

Il Delta bello come la Camargue tra scarsa pulizia e pesca di frodo

LA STAMPA

Italia

Il degrado alla foce

Il Delta bello come la Camargue

tra scarsa pulizia e pesca di frodo

Visti da quaggiù, il Delta del Po e le sue mille vie d’acqua appaiono come un dedalo problematico di burocrazie spesso non amiche e trascuratezza nella manutenzione dei canali. La mancanza di promozione di una zona dal fascino unico sta facendo il resto, e così chi lavora sul fiume portandoci i turisti in battello si sente dire dai francesi che loro riescono a vendere a peso d’oro la Camargue, ma qui sul Delta in realtà è molto più bello. Paolo è il nome di comodo della nostra guida, che preferisce restare anonima per paura che qualche cacciatore gli tagli le gomme. Sì, perché c’è anche l’attività venatoria a complicare la vita dei barcaioli: «Nel parco è consentito cacciare, il che significa che ci sono delle botti dove si appostano i cacciatori, alle quali non ci si può avvicinare a meno di 500 metri, per cui le barche non possono muoversi in quei paraggi». Nelle valli sembrano molto più tutelate le doppiette di chi si limita a far visitare la moltitudine di isolette nascoste fra i canneti, ma i problemi sono anche altri: «Canali navigabili vengono chiusi perché non viene fatta manutenzione o viene fatta in modo sbagliato, siamo noi che a volte andiamo ad aprirli, quando sono ingombri di rami portati dal fiume». Ma nonostante il turismo fluviale paia la vocazione più naturale di un’area come questa, le escursioni saranno sempre più difficili se perdurerà l’andazzo attuale: «In pochi anni non saremo più in grado di farle, siamo circondati da acqua eppure non permettono che si facciano degli attracchi per imbarcare la gente». 

Se non bastasse, c’è pure la pesca di frodo messa in atto da ungheresi e rumeni, ghiotti dei giganteschi siluri che vengono poi smerciati sui mercati dell’Est, a depredare il Po nel suo tratto lombardo-emiliano: cariche esplosive e scariche elettriche sono fra i metodi utilizzati. Lo spopolamento affligge queste terre dagli Anni 50, ma c’è anche chi, come Gloria Donà, ha scelto di aprire un agriturismo sempre da queste parti: «I giovani se ne vanno da qui, ma se si incentivasse il settore turistico e quello agricolo sarebbe diverso. Servirebbero contributi mirati, non a pioggia. La burocrazia poi frena le attività e lo spezzettamento delle competenze amministrative fra molti enti non aiuta di certo. Io però ci sono voluta tornare, perché ci credo nell’avvenire di queste zone. Serve attività di promozione però, perché c’è bisogno di valorizzarle». 

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franco giubilei


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